ATTO V, SCENA i
CANDAULE, BERENICE, CHOROCAN. Occhi mei, che uedete? Ahimè, ch è questo?
BER. Di tue scelerità picciola pena.
CAN. O`suenturato me. BER. Vendetta lieue
Di graue torto. CAN. O`me misero. BER. Pegni
De le tue nozze. CAN. O`mie speranze uane. 3800
BER. La tua nouella sposa, e i cari figli.
CAN. Che faccio al mondo più? BER. Non li conosci?
CAN. Ahimè Dalida mia, ahimè figliuoli,
Ahimè, ahimè mia cara sposa, ahi figli.
BER. Abbraccia i figli homai, la sposa abbraccia. 3805
CHO. O spettacol dolente,
Ecco il Re nostro col gran piatto in mano,
Oue son le tre teste,
Che li cauan dal cor uoci si meste.
CAN. Qual man pietosa uiene à trarmi gli occhi? 3810
BER. Io uorrei, che n hauessi quanti hebb Argo.
CAN. O`uolti, come l uolto mio rendete
Più scolorito, e pallido di uoi.
BER. Ti solean pur leuar quei uolti stesi
Nel uederli ogni noia. hor donde auuiene, 3815
C hora causano in te diuerso effetto?
CAN. Doueano i figli almen mouer pietate.
BER. Non penno insieme star pietate, e sdegno.
CAN. Chi offender mè uolea,
Perche uoi figli offese? 3820
BER. Se i figli offesi non, tu perche piangi?
CAN. Sono accorato de la uostra morte.
BER. Però li fei morir per accorarti.
CAN. Ah scelerata, hor la cagione intendo,
Perche ti hai data al Secretario in preda, 3825
Acciò che in guiderdon ti desse in mano
Questi mei cari. e anchor non ti uergogni
Goder del sozzo acquisto, e anchor mostrarlo,
E alzare al ciel la faccia, che douresti
Esserti già sepolta uiua. anzi io 3830
Dourei già di mia mano hauerlo fatto.
Ma pensier più possente à se mi chiama:
Ahimè sposa, ahimè figli,
Ahimè figli, ahimè sposa.
BER. Non fia lecito à me quel, che à te lece? 3835
Tu mi fosti maestro. la uendetta
Mi bisognò comprare à si gran prezzo,
Che à maggior prezzo anchor comprato haurei.
L offesa insegna offendere. à gli iniqui
Esser debbiamo iniqui. tal raccogli 3840
Qual seminasti. e quel che fai, aspetti.
Il matrimonio dal ripudio è sciolto.
C hor mi facci morir non mi fia graue
Punto, graue mi fora s io morissi
Innanzi la tua moglie, e i figli tuoi, 3845
De le cui teste (hor mia merce) l aspetto
Godi, e per si bel don gratie non rendi.
CAN. Ma il resto de le membra ou hai riposto
Empia furia infernal? l hai date forse
In preda à gli auoltoi, à i lupi, ò à i cani? 3850
BER. A`peggior animal di quanti hai detto.
CAN. Nè peggior animal di te si troua.
BER. Hò dato lor dignissimo sepolcro,
E tal, che ten puoi dir pago, e satollo,
Anzi puoi riputar d hauerle in braccio. 3855
Non è degno sepolcro il uentre tuo?
Non fù il palagio mio degna cucina
De le lor membra? non fur queste mani
Di si giusto macel ministre degne?
CAN. O`scelerata etade, ò infetto sesso 3860
Feminile, ò uiuande mostruose.
Io stesso hò diourato de miei figli
Dunque le carni, anzi le mie medesme?
BER. Sò che affamato eri di carne humana,
E che per non n hauer, la mia cercaui. 3865
Onde pascerti prima de le tue
Uolsi, che ti pascessi de le mie.
Sò, che di sangue humano haueri sete.
Però di questo, fei temprarti il uino.
CAN. O`notte, mira l essacrabil cena, 3870
(Se di mirarla pur tua uista soffre)
E fà poi, fede à i secoli futuri,
Se maggior crudeltà mirasti mai.
BER. Sò, che la sposa, e sò, che i cari figli
Teco bramaui in corte. ou io gli hò messi 3875
Teco, e congionti in modo, che più mai
Tor non te li potrà giorno auuenire.
CAN. Quest è la pena ahimè, quest è l angoscia
Ahimè, con che lo stomaco si sforza
Da se cacciar l abomineuol cibo. 3880
Hor s io sepellire i figli mei,
Mi conuien sepellir me stesso uiuo.
S io uoglio de la sposa ardere il rogo,
Conuiemmi arder me stesso, e com io arsi
Già in lei, far, ch ella in me misero hor arda. 3885
BER. Debita à punto à uostri falli pena.
CAN. Poi che non donna sei, ma sei Megera
Venuta à tormentar l anime al mondo,
Troua il ferro, con che hai la madre ucciso,
E col medesmo, anchor tinto, compisci 3890
D uccider ancho l infelice padre,
Anzi non padre più, ma si infelice.
Come amor ne ferì d un dardo stesso,
D un medesmo coltel tu ne percoti.
E se pur sei del crudo ufficio stanca, 3895
Porgilo à me, che di mia man l adopri.
BER. Nè l fero, nè la mano oprar conuienti.
Il uelen, ch io pietosa del tuo male
Tra le foglie celai de la corona,
Ch io posi, e lacerai dentri à là coppa, 3900
In cui beueui; il uelen regio dico,
Incontro à cui non ual rimedio humano;
Ti manderà con dolce morte appresso
La pianta sposa, e i sospirati figli.
CAN. Ben di ciò ti ringratio. 3905
Poiche senz opra, e senza colpa mia,
Andrò doue andar bramo.
Ma non creder però, che per tal dono
Io ti resti obligato.
Già la mercè ti hò dato 3910
Con medesmo uelen, con simil arte,
Nel punto stesso anch io,
Si che à par mi uerrai sotterra, ò dietro.
CHO. O` giudicii del cielo, ò usanze, ò tempi,
Quando auuerrà mai più caso si nouo, 3915
Che duo tra lor, s ingannino ad un hora
Con fraude à punto eguale?
Che quel che l un da l altro, ei prenda à l hora,
Che ciascun sia il tradito, e l traditore,
E che la pensa sia pari à l errore. 3920
Che ciascun col suo essempio uccida, e pera.
Vedi amor di marito, e di mogliera.
CAN. Non ti pensar di rimanere in uita
Dopo me lungo tempo, nè di starti
Col tuo aldultero già priuo di questa 3930
Luce, che indegnamente ei rimiraua:
Quelle man, che l honor mio profanaro
Tronche son da le braccia. quella lingua,
Che aperse i mei secreti, hora si tace,
Dal suo loco diuelta. 3930
Quegli ochci, che al mio honore hebber si poco
Riguardo, tratti son da i cerchi loro.
Quel capo, in cui si consiglio l inganno
Contra il suo Re, da corpo gia reciso
Si disegnaua in dono a te. ma hora 3935
Di darlo mi uergogno,
Già dal tuo dono preuenuto, e uinto.
CHO. O`somma nouitate,
Come in tutti i pensier, l opre, e le uoglie
Riscontrando si uan marito e moglie: 3940
Donne seguite la Reina uostra,
Che à gir dentro s affretta,
Mostrando apparecchiar noua uendetta.
CAN. Re di Battra infelice,
Pur mo da tutti riuerito, hor sei 3945
Cosi sol, che non hai
Pur un, che pianga teco
Ne tuoi estremi guai.
CHO. Signor, non ui dolete,
Che da quì innanzi haurete 3950
Consorto, ò compagnia ne l aspre pene
Dal uostro Consiglier, che à uoi ne uiene.![]()
ATTO V, SCENA ii
CONSIGLIERE, CANDAULE, CHOROCON. O`nouo caso, puot esser che l mondo
Possa più ippegiorar? che à questa corte
Un altra più crudel succeder possa? 3955
CAN. Ah consiglier non sai, non sai lo stato,
In ch è posto il tuo Re. che se l sapessi,
Non terresti, cred io, le luci ascuitte.
CON. Io sò il tutto, signor. CAN. Non hò io dunque
Di piangere, e d uccidermi cagione? 3960
CON. Nè de l un, nè de l altro à mio parere.
Poi, che l piangere ufficio è sol di donna.
L uccidersi opra d huom, ma disperato.
CAN. La morte ne uerrà senz altra forza.
Nè forza alcuna puo frenare il pianto. 3965
Ma poi, che morir debbo
Per lo uelen beuto,
Contra cui non è scampo,
Pregoti Consiglier, la cui gran fede
Tardi conosco, e lodo, 3970
Che star meco ti piaccia
Questo poco di tempo,
Ch io starò in questa uita.
E poi, ch i ne sia fuore,
Piacciata farmi sepellir con queste 3975
Nobili, e care teste.
CON7. Mai de la pietà mia, de la mia fede,
Signor, non uerrò meno, e sol mi pesa
Douerne far tal prona. ò spirto d empia
Donna, qual crudeltà lasciasti à dietro? 3980
CAN. Dolor, benche l cor mio morda, e tormenti,
Qual Cerbero le inique alme in Inferno,
(E ben sei tal, che tu anchor hai tre capi,
Questi, che n man sostegno) dammi almeno
Tanto di spatio, che sfogar ti possa. 3985
Voi teste, infausto don, beuete il pianto
Di colui, c ha beuto il uostro sangue.
Noi colmeremo il uaso, in cui giacete,
De la lacrime uostre. & è ben degno,
Che sian raccolte in oro 3990
Lacrime sparse per si illustri morti.
Ma chi piangerò prima,
La consorte, che amor, che elettione
M aggiunse, ò pure i figli,
Che natura mi diede, ò pur me stesso, 3995
Che uiuea in altri, e in quelli hora son morto?
CHO. Piangete l esser nato,
O`almen l esser uissuto.
Felice esser non può quel, che non nasce,
Ma ben felice quel, che more in fasce. 4000
CAN. Se di me ti lamenti, ò cara sposa,
Hai ragion. che ne l ultimo conuito
Più stratio hò di ti fatto,
Di te, che tanto amai, e amarò sempre,
Che non fei di tuo padre mio nemico. 4005
Temea tuo padre, che nel tuo palagio
Secreto, e sol non ti maneasse il cibo.
E pur potea temer con più ragione,
Che tu de membri tui
Cibo non dessi altrui. 4010
O`con che dolci preghi, e caldi uoti
Chiedeui, e desiau
Uscir di quel palago, e non sapeui,
Che senza indugio, da quel boschi uscita
Doueui uscir di uita. 4015
Quando di là partisti,
Pensasti uscir da le marmoree mura,
E tra più duri marmi à l hora entrast,
Entrando ne le man di Berenice,
tranto sozza, e crudel, quant io infelice. 4020
Perche à la mia città uenir uolesti
Senza licenza mia?
E se pur di uenirui animo hauest,
Perche errasti la uia?
Perche à quest altra man non ti uoglesti? 4025
Douea pure insegnarti il cor, dou era
La stanza del tuo sposo,
E de la gioia tua, del tuo riposo.
Ma dou er io, quando l tuo corpo al foco
Fù posto, ò sposa mia? 4030
Perche non mi trouai à lhor presente?
Che ò col pianto le fiamme hauerei estinto,
O` sopra anchor ui haurei me stesso spinto.
CON. Nè il Re per esser Re sta senza duolo.
Il diadema è piu rigido, e carco 4035
Di noie, che di gemme.
E la porpora ardente
Mostra, che l Re stà in mezo
A` fiamme eterne, che gli abbrucian l alma.
CAN. Occhi uoi sete chiusi, 4040
E chiusi maggior colpi anchor mi date,
Che non me deste à l hora,
Che aperti ui mirai la prima uolea.
S hotti uno specchio intero ui mandai,
Perche specchio il guasto hor mi rendete? 4045
Hora so la cagion, perche la luce
Pur mo s ascose, e ascosa resta anchora.
Perche son chiusi gli occhi,
Dond ella usciua fora.
CON. Anzi la luce fugge 4050
Da quest empie contrade
Per non macchiar sua bella puritade
In opre si crudeli, e abominose
Per non mirar si scelerate cose.
CAN. O` figli, ò figli amati, 4055
Da me premuti sete
E me, lasso, premete.
Qual sorte haueste al mondo,
Che pria, che foste nati,
Dimoraste nel uentre de la madre, 4060
E foste dopomorte destinati
Star nel uentre del padre?
Deh perche la uirtù del Pelicano
Hoggi non ha io mio sangue,
Che à uoi spargendo l sopra 4065
Col sangue mio risorger ui farei,
Anzi col sangue uostro, ch io beuei.
Ma poi, che ciò non lece,
Ite allegri à l Inferno,
Che l inferie u ho fatto 4070
Di colei, che u ha acciso.
Ma lasciatemi pria baciarui, figli,
Se già non ischifate di baciare
La bocca molle anchor del sangue uostro.
O faccie amate, uoi 4075
Rappresentate me. ne le fattezze,
Et io ui rappresento nel colore.
CON. Non accade, ch io porga al Re consigli.
Che à torre, già dal fondamento scossa,
E già d alto inuiata à la ruina, 4080
Non pò più sottoporsi alcun sostegno.
CAN. Ah carnefice ria, che dar non sai,
Ma sai torre i figluoli.
O`fera Berenice,
Qual sinistra cornice, 4085
Quando nel uaso, ou io beuea sfrondasti
Quella ghirlanda tua, sfrondasti anchora
Ogni mia speme, e n pezzi
La mia real corona lacerasti.
Ma con giudicio poi me desti à bere 4090
Dentro al uino il uelen, non ne le carni
De la sposa, e di figli,
Ch iui perduto haurebbe ogni suo amaro,
E forse hora uel perde. benche à trarmi
Di questa uita senza tosco, solo 4095
Fia assai, fia troppo il duolo.
Ma di chi mi lamento,
Fuor che di me medesmo,
Che quando al traditor diedi le chiaui,
A` Berenice à l hor diedi il coltello, 4100
A` a madre, à i figliuoli, e à me la morte?
Di chi mi doglio, fuor che de mei sensi
Contra mi congiurati?
Perche si ciechi foste, ò oacchi mei,
Che non uedeste quai uiuande poste 4105
V erano innanzi, e lor non conosceste?
Perche foste si sorde, oreccie mie,
Che non udise (anchor che di lontano)
Le uoci de la mia dolente Donna,
Che nel morir douea chiedermi aiuto 4110
E forsi me ha chiamato
Spesso crudele, e ingrato?
Tu cor mio, che quand ella
Morio, moristi in lei,
Perche del tuo morire 4115
Non mi desti poi segno?
CON. Consolateui, Sir, che tosto andrete
Fuor di questo proteruo immondo mondo,
Doue l nascere è pena,
Il uiuere è fatica, il morir forza, 4120
Doue mai non si proua hora tranquilla,
Anzi il nostro habitar sopra la terra
E` una continua guerra.
CAN. O` Saturno, se i figli diuoraui,
La madre almen serbaui. 4125
Ma io m ho diuorato
Ne la cena infelice
I fruitti parimente, e la radice.
Erisitton, che diuorasti parte
Di te stesso una uolta, hor ti consola, 4130
E mira un, che più uolte
Se stesso ha diuoraato
Ne la moglie, e ne figli, e uiue anchora.
Cià molti anni seguii la cerua, & hora
Ho mangiato la caccia. e di tal uino 4135
Io m ho tratto la sete, che ben posso
Dir, che tutto l mio sangue in me si serba,
E che la prole mia
Ritorna donde è uscita,
E dir, ch io sono insieme 4140
Cadauero, e sepolcro.
Cadauer di Candaule,
Sepolcro de la madre, e de figliuoli.
E me, lasso, trar fuore
De la uita douria sol questo horrore. 4145
CON. Re (se l uer si dee dire)
Hauete ben cagione
Giusta di tormentarui, e di morire.
CAN. Deh, Consiglier, sostien tu questo uaso.
Che le mie mani, à cui à poco à poco 4150
Vien mancando il potere,
Non pon più sostenere.
CON. Lasciatelo, signore, e riposate.
E da noi aspettate
Più inuidia, che pietate. 4155
Noi restiamo nel mar, uoi gite al porto,
Noi in tenebre stiamo,
Uoi à la luce andate.
Noi in essiglio, e in carcer posti siamo,
Voi uen gite à la patria in libertate. 4160
CAN. Già irrigidir mi sento
L estremità del corpo, già la uoce
E` si debile, ch io la traggo à pena.
Anzi il uelen già s auuincina al coro
Si, che breue dimora 4165
Potrò più far con uoi.
CON. Serui, del Re pietosi
Una sedia portate,
Dou ei sieda, e riposi.
Appoggiateue, Sire, à la mie spalle, 4170
Che de quel, che sostenne un tanto regno,
Saranno hora sostegno:
Signor, sedete. ahi, ch egli è tramottito.
Sostenetelo, serui, che non cada.
Signor, non ci lasciate cosi tosto, 4175
Asprite anchora gli occhi,
E proferite anchor qualche parola.
Chi di uoi scuote l aura? e qual di uoi
Di fresca acqua lo sparge?
Ecco la forte ambascia, 4180
Che pure un poco il lascia.
CAN. Molto diletti spirti
De pargoletti figli, e de la sposa
Tra la giouanil turba
De l alme innoamorate 4185
Su per gli ombrosi mirti hor m aspettate.
Tu, Consiglier, cui raccomando il Regno,
Finche sia il nouo successor creato,
Con cui più lieta, e lungamente uiua;
Tu ciel, tu gterra, tu bel Regno mio, 4190
Tu mondo aspro e fallace,
tutti restate in pace.
CON. Il Signor nostro ha fatto,
Come suol far lucerna, balenando
A l hor, che uuole spengersi del tutto. 4195
Hora la uita à dramma à dramma perde,
Come candelo acceso, e giunto al uerde.
Ahi in quanto trauaglio, in quante pene
Hor si troua il Re nostro,
Come grauati ha gli occhi, 4200
Come stringe le mani,
Con che moto à se trahe lo spirto spesso,
Come tutto si suote,
Quasi quntra l morir tenti schermirsi,
Nè po più trar la uoce. 4205
O`doglia, ò doglia atroce.
CHO. Ueramente la morte
D horror piena, e ti tema,
De le cose terribili è l estremo.
CON. Ben priuo d intelletto si può dire 4210
Chi non pensa al morire.
CHO. Mira il Re, Consiglier, come si sforza
Trarre à se le tue braccie,
Forse per ribaciar le amate faccie.
CON. Io debbo compiacerlo: 4215
Ite in pace, signore:
Hor del tutto ha spirato
Sopra le fredde labbra, che ha baciato:
Signor, già non pensai, che questo uecchio
Vi hauesse a chiunder gli occi, 4220
E tra la braccia sue tenerui estinto.
Il tronco uerde cade, il secco resta
Cose uolge la sorte.
O`inessorabil morte,
Se del mio Re mi priui, 4225
Già non mi priuerai de la memoria,
Che ogn hor t errò di lui, nè de l amore,
Ch io le porterò sempre, e in uita, e fuore.
CHO. Quest è quella, che i monti eccelsi uguaglia
A` l ime ualli, e piane, 4230
E tutte adegua alfin le cose humane.
CON. Ecco quel, che pur mo reggea gran parte
De l Oriente, & hora
Non può regger sestesso,
Tronco infelice, inerte, e inutil peso. 4235
Quel, ch hoggi dominiò tanto terreno
Hor ne fia chiuso in poco spatio. quello,
Che à gli altri sourastaua, hor fia premuto.
Quel, che cibi gustaua
Si pretiosi, hor fia di serpi cibo. 4240
Questi, hora cinto d or, d ostro, e di gemme,
Sarà cinto di polue.
Cosi nostra superbia si risolue.
Cosi ne uan queste grandezze humane,
Questi honor falsi, e queste pompe uane. 4245
Su la sedia, ou è morto,
Soauemente, ò serui,
Il Re si porti dentro,
Doue sarà coperto,
Finche saran l essequie apparecchiate. 2450
Io ben ui seguo, andate.
CHO. Che nouo pianto è quel, di ui risuona
Tutto quest altro tetto?
Ecco la Damigella afflitta, e mesta.
Da lei saprem, che nouita sia questa. 4255![]()
ATTO V, SCENA iii ET ULTIMA
DAMIGELLA, CHORODAM. Donne, scoppiate in un si aperto pianto,
Che la nostra Reina,
Dal secolo partita,
Fin ne l Inferno l oda.
CHO. Dunque ella è morta? DAM. Io, lassa, con questi occhi, 4260
E con mio gran martire
L ho ueduta morire.
CHO. Deh fa, che quel, che à te mostrò la uista,
A` noi mostri l udito, aprine il modo,
Com ella uscita è del terrestre nodo. 4265
DAM. Poi ch entrò nel palagio, io la pregai
(De la salute sua tenera, quanto
Conuiensi à serua affettionata, e fida)
Che rimedii tentasse
Contra l succo letal, che hauea beuto. 4270
Ella rispose, che l uelen reale
Senza dubbio era tale,
ch ogni rimedio huano
Era souercho, e uano.
E che, quando riparo ancho ui fosse, 4275
Era già del suo corpo insignorito
Si, ch era già perduta ogni speranza.
Ma che, quando saluarsi ancho potesse,
Saluar non si uolea.
Che la uita abhorriua, il mondo, e l Sole. 4280
CHO. Si horribile è la faccia del peccato,
Che l alma, dou è impressa,
Quasi ha in odio, e uorria fuggir sestessa.
DAM. Indi si gloriò de la uendetta,
Che hauea fornito. poi discorse alquanto 4285
Sopra i fratelli suoi, sopra i Baroni
Di Battra, sopra il Re, sopra sestessa.
Mentre cosi parlaua, à poco à poco
Se le gionfiauan gli occhi,
Se la alteraua il petto, 4290
Ne la faccia il color se le mutaua,
Simile à l arco nuncio de le poggie.
E ben la poggia annunciata uenne.
CHO. Colui, che d alto loco à cader piega,
Forz è, che si precipiti, e discenda, 4295
Finche ritroui il fondo.
DAM. Leuossi in piedi, e con disciolte chiome,
Con occhi ardenti, che pareano uscirle
Ad ogni lor riuolta, de la testa,
Con urli disperati, horrendo aspetto, 4300
Quasi leon da cacciator ferito,
Crollando il capo spesso, come fronda
Mossa dal uento, à gir se pose errando,
Per lo palagio frettolosa, incerta,
Fera, ansiosa, e di furor ripiena. 4305
Nè lei sola capea tutta la casa,
Come le donne in Delfo, che di Febo
Rendono le risposte à chi le chiede.
O`qual fier austro, che sozzopra mette
L aria, la terra, e l mar, turbando il tutto. 4310
CHO. Ecco doue ti scorge, ò Berenice,
La tuo sdegno infelice.
DAM. Da spiriti, che n lei fossero entrati
Parea agitata, e con ombre nemiche,
Non uedute da noi, parlaua spesso, 4315
Monstrando, che da loro era chiamata,
E tirata à le riue di Cocito:
Vengo, uengo, dicea, non mi trahete.
Si che nessuno ardia d auuincianarsi
Per lungo spatio à lei, la qual si mosse, 4320
Come de la tre Furie tratta, e spinta,
E corse ne la camera, in cui hoggi
Dalida, e i figli ancise, oue trouando
Il coltel, con cui fatto hauea il macello,
Se gli auuentò, come si auuenta cane 4325
Digiuno à cibo, che giù d alto pende,
E con tenace man forte lo strinse,
Tutto stillante anchor di caldo sangue.
CHO. La giustitia di Dio santa, immortale,
Come premia ogni bene, 4330
Cosi non lascia male,
A` cui non dia lameritate pene,
DAM. Colma di rabbia, e forsennata à l hora
Quinci, e quindi rotatasi più uolte,
Squarciò le uesti, e cominciò col ferro 4335
A` lacerarsi, assai maggiore asprezza
Vsando in se, che n Dalida non fece,
Squarciandosi le membra ad uno ad uno,
Come se non sentisse alcun dolore,
Nè l caso punto appartenesse à lei. 4340
CHO. O`misera Reina,
Chi mai creduto haurebbe
Cotesta tua si subita ruina?
DAM. Uidi à l hor cosa, cosa à l hora uidi,
E tutte l altre anchor la uider meco, 4345
Le qual meco eran quiui, che non oso
Dir, che mi par, che non mi fia creduta.
CHO. Dilla pur Damigella, che sappiamo
Ben quanto sei fedel ne le ambasciate.
DAM. Vidi uisibilmente à l hora morte, 4350
E un altra, ò donna, ò Dea, ch io conosco,
Le qual comprarse innanzi à la Reina,
L aitauano, e incitiuano à ferirsi,
Fince rimase estita. CHO. Ahimè, qualcosa
Ne fai udir? DAM. Se doglia, se spauento 4355
Mi oppresse, e opprime anchor, pen satel uoi.
CHO. Damigella, tu piangi, e ti lodiamo.
Pur la Reina è stata di tal sorte
In quest ultimo fin, che non sappiamo,
Come si possa pianger la sua morte. 4360
DAM. Dunque non piangerò colei, con cui
Io son cresciuta insin da i teneri anni,
Lo cui amor m ha tratto d India à Battra,
E da Battra à l Inferno ancho porrebbe
Trarmi, s io fossi certa di poterle 4365
Tener (com ho tenuto) compagnia?
Colei, che si propitia ogn hor m è stata,
A` cui stata son io sempre si cara?
Ma quando non uogliam de la Reina
Pianger la morte, è forza, che piangiamo 4370
La uita nostra. Hor noi rimase siamo
Donzelle, sole, e forse odiate, in preda
D huomindi strani, che uorranno forse,
Che noi, ò con l honore, ò con la uita,
Paghiam la morte data 4375
Da la nostra signora al signor loro.
CHO. Quest ultima ragione
E`ben pur troppo uera,
Che siam come agnellette in bocca à lupi,
O`quai candidi Cigno sotto l rostro 4380
De l Aquila rapace. ouunque s oda,
Che serue state siam di Berenice,
Sarem tosto scacciate. ahimè qual guida
Pietosa n accompagna
Al nostro bel paese, 4385
Che l charo Gange bagna?
O`Diana, ò Minerua conseruate
La nostra castitate.
E se perder si dee, perdasi prima
La uita, che l honor d assai più stima. 4390
DAM. Però tanto piangiamo,
Che à pietate di noi ancun mouiamo.
O`(se ciò non possiamo,)
Si moua almen la morte
A`trarne fuor di si infelice sorte. 4395
CHO. Poi ch ogni nostra speme
Ne la morte poniamo,
Apparecchiate stiamo,
Acciò che quando, e doue
Ne uenga incontro, accinte ne ritroue. 4400
Questi, c hoggi periro
Eran de gli anni lor nel più bel fiore.
Onde ogni caso diro
Creduto haurian de la hor morte in fore.
Però quei, che fin hor ciechi dormiro, 4405
Aprano gli occhi, e stian per tal timore
Tutti i giorni parati, e tutte l hore.
Nessun si fidi in forza, ò in età acerba,
O` in dignità superba,
Quando cosa più certa 4410
Non potendo trouar di nostra morte,
Non è de l hora poi cosa più incerta.Finis