ATTO IV, SCENA I
MESSO, CHOROMES. Terra, terra, che fai? perche non t apri,
Et allargata ampia apertura al basso
Centro, inghiottendo questo albergo intero, 2950
Non lo trasmetti al più profondo Inferno?
Dormitu forse, ò gran padre Tonante?
O` nel letargo accidioso, e pigro
Sei caduto, onde t habbia preso oblio
De le cose mortali? ò manca il foco, 2955
O` la materia al tuo Feruido fabro
Da batterti saette, onde punisca
Questi si gran peccati? ò sono stanche
Le braccia de Ciclopi? ma se strali
Non hai più, che non fendi un altra uolta 2960
E del mare, e del ciel le cataratte,
Chiamando un nouo, e gran diluuio d acque,
Che di macchie si brutte il mondo laui,
Senza serbar Deucalioni, ò Pirre?
CHO. O`dio, che grido strano 2965
Sento poco lontano.
MES. Attonito DI ciò sol resto, come
Il ciel possa coprir fatti si enormi,
Sostenergli la terra, il Sol mirarli.
Ahime, ch io prouo in uan por freno al pianto, 2970
Che da gli occhi, e dal cor mi scoppia à forza.
CHO. Se di coteste lacrime dal seme
A` qualche tempo lungo riso mieta,
O`Messo, fa, che noi anchor sappiamo,
Qual cagion fera dal profondo petto 2975
Voci di tanto duoL ti trahe. MES. Deh donne,
Perdonate di gratia à gli occhi uostri.
Che uoi (se giA non sete eguali à quella,
Che ogni leonza innamorata, che ogni
Tigre priua di figli pur à l hora 2980
Nati, di crudeltà si lascia à dietro)
In si calda pietà in struggereste,
Che periglio saria, non gli occhi in breue,
E di luce, e d humor restasson priui:
Deh bramate più tosto d esser sorde, 2985
Com io prima hò bramato d esser cieco,
Per non udir quel, ch io sforzato hò uisto.
CHO. Se impetrar non possiam da te parole,
Come inpetrerem fatti? e se d un tristo
Annuntio non uuoi esserne cortese, 2990
Come cortese ne sarai d un buono?
Però non ci tener più dubbie hormai.
MES. Se al dolce suon de l amoroso Orfeo
Accordato à gentil soaue canto,
Le fiere, i tronchi, e i sassi à lui d intorno 2995
Concorreuano a porsi di lontano;
Io credo, che à i dogliosi accenti mei
Fuggiran quinci l insensate case,
Quinei le torri, e i tempii fuggiranno.
Pur dirò il tutto, e ui farò di horrore 3000
Gelar le uene, & arricciar le chiome:
Io credo, che ui sia la fraude nota,
Con cui dal Secretario fu guidata,
Qual vittama innocente al sacrificio,
Dalida in Battra, e poi da Berenice 3005
Fintasi un altra, nel palagio accolta.
CHO. Ciò sappiamo, e di ciò temiamo solo.
MES. Non accade temer, poi chel timore
E` sol de l auuenir, non del passato:
Poi ch ambe entrar nel dispietato albergo, 3010
Berenice essortò Dalada, ch ella
Spogliata si ponesse dentro à un bagno,
Che tepido per lei serbar facea.
CHO. S `a tal principio corrisponde il fine,
Cagion ueder non so donde ti doglia. 3015
MES. Tra tanto se rinchiuder quante Donne,
E donzelle con Dalida uenute
Erano à Battra in separate stanze,
Doue anchor sono, & indi si ritrasse
Col Secretario à parlamento occolto. 3020
CHO. Ahi, che questi è cagion di tutto l male.
Ma forse mentre la infelice donna
Da lui tradita piange, esso non ride.
MES. Dalida tutta ubbidiente, e presta
D acque lauata, e d unguenti cospersa, 3025
Coperta sol d un delicato manto,
Si tornò à Berenice, che uenire
A` se la fece sotto specie, ch ella
Uolea mutarle ogni primiera uesta;
E presentarla di più ricche, e belle, 3030
Perche più adorna comparisse fori:
Siede nel più remoto interno fondo
Del gran palago una terrena stanza,
Ciu rende l giorno una finestra sola.
Questa fà chiuder ancho Berenice. 3035
Poi fa, per non restar cosi à loscuro,
Allumar molti torchi, e alquanti serui,
Tra quali er io, fa star nascosi in loco,
Donde girar non poteramo gli occhi
Senza mirar l apparecciata stanza. 3040
E questo fa, perche del nostro aiuto,
Bisogno hauendo, unsciamo ad aiutarla
Subito al primo cenno, indi s asfide
Con ambo i figli di Dalida in braccio
Ad aspetterla. Ecco Dalida uiene, 3045
E ne la stanza entrata, poiche al mezo
Giunge, ammirata de notturni lumi
S arresta, e à torno tacita si mira.
Comanda in tanto Berenice ad una
De la serue, che à questo ha prima elette, 3050
Che la porta rinchiuda. à un altra, ch ella
Il manto leui à Dalida, e le giunga
Dopo la schiena le tenere mani
Con dura fune, e nuda, come nacque,
Fortamente la leghi, oue non possa 3055
Scuotersi punto. e à lei riuolta, segue:
Dalida, questo è il loco, e questo è il tempo
Doue, e quando à fornirsi han le tue nozze.
Questi lumi funebri son le faci
Maritali. mancandone le rose, 3060
I gigli, e i mirti, si userà il cipresso.
Per honorarti io pronuba esser uoglio,
Auspice fia Mercurio, e ti fia scorta
Al letto genial con l aurea uerga.
Himeneo, che occupato è in altre imprese, 3065
Chiamato, in uece sua mander à Morte.
Il nodo nuttial mandato ha innanzi,
E già tu senti come forte stringa.
Lo sposo, che t aspetta quesa sera
E` il gran Plutone. il bel purpureo manto, 3070
Che n torno hai à portar, non è anchor tinto,
Ma nel tuo sangue tingerasi hor hora.
Già la catena ti circondona il collo:
La serue mentre accendon questo foco
T apparecchiano il letto maritale. 3075
Però disponti à le honorate nozze.
Dà tosto il tuo consenso, e adempi lieta
Quel, che adempir ti conuerrà poi trista.
CHO. Dalida à tal parlar, qual dà risposta?
MES. Comincia tutta pallida, e tremante, 3080
Uestita de uergogna, e d humilitade,
A` cercar, qual sua colpa la condanna.
E à domandar perdon. ma à un sordo scoglio
Ragiona, ò al mar, quando più irato freme.
I duo fanciulli suoi, piangendo, in tanto 3085
S aggirano d intorno à Berenice.
Et un di quei la piccioletta palma
In su l petto la ferma, e glielo bacia,
Quasi ammorrirlo, e riscaaldarlo tenti.
Con l altra man fa uezzi al collo, e studia 3090
Chinar la testa à la Reina tanto,
Che di si accenni, e à la madre perdoni.
L altro, che è ilvmaschio, la picciola lingua,
Che dice, che à la madre si perdoni,
Con dolce forza, e con accorto modo 3095
Tenta indur tra le labbra à la Reina,
Perche da quelle labbra escano poi
Quei medesimi accenti di perdono.
CHO. Non tornò Berenice à l hora molle,
Qual cera à specchio di rouenti fiamme? 3100
MES. Stette com Eschio antico, che discende
Tanto col piè uerso l tartareo centro,
Quanto al superno ciel s erge col capo.
Che, soffii Borea pur, soffii pur Austro,
Non crolla punto la robusta cima. 3105
Anzi à Dalida disse, che lasciasse
I preghi à quella uolta. e se uolta
Dir altro anzi la morte fosse presta:
Dalida, poi che uide la Reina
Ferma seder nel suo proposto, disse. 3110
Signora mia, se pur sete si nuda
Di pietà, come io son nuda di ueste;
E il freddo, e si duro è il cor, ch io prego,
Come i fassi, ch io premo; e con un opra
Medesma hauete di questa crudele 3115
Stanza, e de la pietà chiuse le porte;
Hauendo fisso al tutto pur, ch io mora;
Perche sia giusta, la giustitia uostra
Non dia senza processo almen sentenza.
Fate s io debbo sostener la pena, 3120
Ch io intenda anchor la colpa. e sappia doue
L u habbia offeso, anzi la morte mia.
Poi douendo morir, morrò contenta:
Se l padre mio ui offese, già non deue
In me punirsi la paterna colpa. 3125
CHO. Che le rispose la riena? MES. Io, disse,
Altro non ti uo di. uo che tu impari,
Anzi (perche n te far non pò più frutto
La disciiplina mia) uo, che tu insegni
A`l altre non leuare altrui gli sposi, 3130
Nè darsi in preda ad huom se nol conosce.
E perche la persona del marito
Non è più sua, ma de la moglie, io debbo
A` chi questa mi toglie, tor la uita:
Dalida à l hor meglio affisando gli occhi 3135
Nel uiso de la giouane reina;
E discorrendo le parole; accorta,
(Ma tardi) de l inganno di Candaule;
Ah perfido, gridò, perche mentisti,
A` colei, che d amar mostraui tanto, 3140
Come tua sposa, e che doueui almeno,
Come propinqua amar? s alcuna hauesti
Cagion per trar di uita i mei parenti,
Per tradir me già non ne hauesti alcuna.
Nel mio palagio in solitaria uita 3145
Gioconda mi uiuea tra le mie donne.
Tu mi turbasti la mia dolce pace.
Che colpa ho io, meschina, se tu scali
Lo mio giardin? se tu di me ti accendi,
Se l nome, il sangue, lo stato mi celi, 3150
E mi costringi à far le uoglie tue?
Hor tu ti stai gioioso, e non ascolti
Le uoci de la tua misera, moglie
Prima hauerei detto, hor più non posso dirlo
A quel che intendo. Adultera, tradita, 3155
Misera, incauta nominar mi posso:
Ahi dalida infelice, come tutti
S accordano à ingannarti, il padre prima,
Qual fiera tra la selue ti rilega.
Ben promette di fartene uscir tosto. 3160
Ma t inganna però. che l suo pensiero
E` sol d hauerti sepellita uiua.
Uien Candaule, e ti prende per isposa,
Ma ti tradisce, hauendone qui un altra,
E` sol mira à spogliarti de l honore. 3165
Il Secretario sotto finto nome
Di nozze anch ei t inganna per condurti
Fuor del palagio tuo ne le sue reti.
E la Reina alfin, moglie a Candaule,
Madre si finge per trarti di uita. 3170
Eccomi, s altro inganno à far mi hauete.
Dopo cotante fraudi vien la forza.
Già ingannata da tutti, hora da tutti
Abbandonata, piango: ma se udire
La mia ragion in degnerete, spero 3175
Da uoi, Reina, hauer facil perdono:
Io so la historia da principio à fine,
Rispose Berenice, ma conchiudi,
Che ò nocente, ò innocente hai à morire.
Ti sono andata differendo alquanto 3180
La morte, perche tu, questa aspettando,
Maggior pena sentissi, e perche godo
Assai, che tu conosca, e che tu pianga
Le tue miserie, ma perche porrebbe
Questo tanto indugiar di man leuarmi 3185
La desiata, e prossima uendetta;
(Che non possiamo assicurarci mai
Di douere assaggiar l humor de l uua,
Benche presso le labbra habbiamo il uaso,
Finche assaggiato non l habbiam) risoluo 3190
Di non più differir. uo, che n mia uece
Tu uadi à far Proserpina gelosa:
Dalida a l hora, al cielo alzando gli occhi,
Gli occhi, perche le man fune empia lega,
Già desperata del suo scampo in tutto, 3195
Moue col Re del ciel queste parole:
Giioue, se cura hai de le cose humane,
Mira la mia innocenza, mira s io
Peccai, e s io peccai, quella tua mano
Vendicatrice non me lasci uiua 3200
Un hora, un punto. ma se fuor di colpa
Io son, difendi tu la causa mia.
Ma pur se cosi l fato statuisce
Ch io mi parta da questa di miserle
Profonda ualle, che si chiama uita, 3205
A` te del tutto padre uniuersale ,
Ch orfani rimarran, mendici, in odio
A`ciascun, priui d ogni aiuto humano,
Senza saper discernere il lor bene.
E uoi reina, de medesmo io prego. 3210
Però, che s io peccai, (ma non peccai)
Sò certo, che quei semplici agnelletti,
Quella innocente, e delicata etade
Peccar non ha potuto di cinque anni
Contra noi. E se l giungermi à Candaule 3215
Fu fallo, il fallo auenne, anziche quelli
Nasceresso. se uoi sete anchor madre,
Fate lor quel medesmo, che uorreste,
Che à uostri à simil termini condotti
Si facesse. E se anchor non sete madre, 3220
Habbiateli per uostri. E se per figli
Sdegnate hauerli, habbiateli per serui.
E se l reo dal carnefice giamai
Ottenne gratia, i chieggo questa estrema,
Che quinci sian portati i figli mei 3225
In altra parte, acciò che la lor uista
Non mi sia ne la mortre un altra morte:
Uoi dopo me restando, amati figli,
Seruite ubbidienti à la Reina,
Che ui fia miglior madre assai, che questa 3230
Sueturata. e già accortiui ne sete.
Candaule infido, in pace, in gioia resta,
Ch io nel mi fior più uer de me ne uado:
E se ben tu due nolte m hai tradita;
E se ben del tuo error port io la pena; 3235
Non però posso odiarti, anzi desio
Quanto la uita mia, di tela uista
Prima ch io per te muoia: padre prendi
Gioia del mio martir. perche al tuo impero
Ribelle fui: la tua lacerat ombro 3240
Goda, e à questo spettacolo apra gli occhi.
CHO. Non ritrouò la supplice fanciulla
Pietade à l hor nel cor de la Reina?
MES. La pietà ui troò, che hauria trouato
Nel colosso del Sol rizzato in Rhodi: 3245
Anzi le disse irata paiù che mai
La Reina, Io uò, Dalida, maggiore
Farti la gratia anchor, che non mi chiedi.
E perche possi andar più consolata
A l altra uita; e non habbi sospetto 3250
De figliuoli, che restino pupilli;
Voglio mandarli innanzi ad aspettarti.
Quando una pianta ria dal piè si tronco,
Non ui si de lasciar rampollo alcuno,
Ond ella germogliar possa di nouo. 3255
CHO. Messo, perche ti sermi
Nel mezo del parlar? che ascolti, ò miri?
Turbati forse il pianto, od i sospiri?
MES. Non uedete la grande horribl ombra
Sorta quà sù de le tartaree riue, 3260
Che n fier sembiante là n ascolta, e guata?
CHO. La ueggiam noi anchor: ma che chied ella?
Perche si mostra si feroce in uista?
Lo spauento n agghiaccia, e l duol n attrista.
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ATTO IV, SCENA ii
OMBRA DI MOLEONTE, MESSO, CHOROMOL. Non prendete di me spauento, ò donne. 3265
E tu l historia tua segui pur, Messo.
Ch io l ombra son di Moleonte, padre
Anzi nemico de la rea, mal nata,
E nocete fanciulla, di cui parli:
Io per la sacra imago di quel Nume, 3270
Che de se l ombre scaccia, non potendo
Appressarmi à la stanza, ou è locata,
E doue hor son le donne, sto quì fuori
Ad ascoltarti, e (come narri, ch ella
Dicea pur dianzi) al suo martir gioisco. 3275
Però segui di gratia, e fa, ch io intenda
Il misero, di lei, ma degno fine.
MES. Tace à l hor la Reina, e si dinuda
Tosto le braccia, e furiosa prende
Vn lucido cotel, cui sù la cote 3280
I tagli acuti iui affilarsi uidi:
D intorno à Berenice à quella uista
S inuolano i fanciulli uelocissimi
Come dinanzi à tempestà propinqua
Fuggon le grù ristrette, ò i corbi in fretta. 3285
Corron questi `a la madre per iscampo,
Cercando indarno la materna uesta
Da copriruisi sotto, e non potendo,
Braman di nouo ritornar nel uentre,
Onde già usciro. e pregano la madre 3290
Con parlar pueril, con uoce pia,
Che tra le braccia ella gli accolga almeno,
Qual timido polcin, che l nibbio mira
Rotarsi intorno di calar disposto,
Che sotto l ali de la chioccia fugge. 3295
Ma chi hà uisto mastin, che si dilegua
Per uscir da la lassa, mentre uede
Saltarsi innanzi la cacciata fiera;
Dalida uede, ch ogni sforzo mette
A` scior le man per abbracciare i figli, 3300
Nè potendo abbracciargli ella, ned essi
Alzari più, le abbracian le ginocchia.
MOL. Pur troppo lungo tempo hanno abbracciato
Chi non douean le scelerate braccia.
MES. Ma Berenice alzata in piè li segue. 3305
E giunta doue sono e l una, e glì altri,
Commette à due ministre empie com ella,
Che forniscano homai l ufficio loro.
Le quai, uerghe durissime di ferro
Prendendo, con alterno alzar di bracchia 3310
Uan flagellando con minute, e tarde
Percosse quindi e quinci la fanciulla.
Qual mastro di uelen, che i serpi auuinti
Battendo uà con battiture lente,
Perche l tosco s aggiunga tutto in uno. 3315
Dalida sta con occhi asciutti, e solo
Alcun sommesso gemito fuor manda,
Banche la gonfia, e lacerata pelle,
Liuida in quella parte, in questa rossa,
Stia de la carni glì leuata un palmo, 3320
E tutto à sangue pioua il delicato
Corpo, che sembra il piè del contadino
A` l hor, che prima calzo esce del uaso,
Doue hà calcato le negrissime uue.
I figli, che abbracciar uoglion la madre, 3325
E starle intorno, de la lor pietade
Un tristo guideron colgono spesso.
CHO. Ma non fiam empie noi, poscia che quanto
Sangue ella uersa, non uersiamo pianto?
MOL. A`questo sangue io mi fò bel, di questo 3330
Sangue mi pasco, à questa grata pioggia
Ride l mio cor, com arido terreno.
MES. Auanza tempo Berenice intanto.
Slega una mano à Dalida, e le pone
Ne le palma il coltel, poi serra il pugno. 3335
Con la man propria stringe indi la mano
Di Dalida per mouerla à suo senno,
E dice. Ecco, lò scettro ti consegno,
Hor fa giustitia de la incesta prole.
Non mi bastando tormentarti il corpo 3340
A`tormentarti l animo mi accingo:
Con l altra man, che uota le rimane
Berenice crudel, com ella stessa
(Ch io non saprei più proprio essempio darne)
Squarcia da torno à fanciulletti panni, 3345
Come da torno à tronco uecchio, e secco
Suol fanciullo squarciar l aperta scorza.
Hor poi, che nude son tutte le membra,
In quelle chiome manellate, e bionde
Le man rauuolge per leuarli in alto, 3350
Sospesi ambo tenendo, quai da traui
Pari pendon le coppie de racemi.
E di Dalida poi la mano armata
Mouendo à forza, aitata de la serue
Disposte ingiro, fà, che mal suo grado 3355
La madre stessa de figliuoli ignudi
Le carni leggiermente segni, e punga,
Come industre pittore, ò scrittor dotto,
Del fanciullo inesperto, à cui insegna,
O` tele figurare, ò scriuer carte, 3360
Col pennello, ò la penna la man regge.
Non altramente Berenice iniqua
Snoda la man di Dalida, e la tira
Col ferro empio à ferire i proprii figli.
Con cui hor tocca le rosate guancie, 3365
Hor l auorio del petto, hora la neue,
Di cui si forma la rotonda gola.
Nè parte alcuna, in quei bambini in somma
Lascia, che questa crudelità non senta.
I fanciulli credendo, che la madre 3370
Di uolonta sua propria li ferisse,
Pietà le domandauano, & aiuto
Chiedean contra la madre à Bernice.
Scoteansi quando eran feriti, e à pena
Dauano ahi, od ahime, poi si taceano, 3375
Tremando come l or tremulo à l aura,
E l picciol collo, e l delicato seno
In gesto doce, e humil porgean dicendo.
Eh Dio. se uoi pur ne uolete morti,
Spacciateui con darne un colpo solo. 3380
Quei mouimenti, e torcimenti tutti,
Chei fanciulli facean tocchi dal ferro,
Trafitta dal dolor facea la madre.
Quai fermati à lo ncontro duo leuti
E su n tenor medesmo concertati. 3385
Che se de l un tocchi le corde, l altro
Concorde il suon medesmo ti responde.
CHO. Rimase poi l aspra, affamata uoglia
De la Reina à cotal pasto satia?
MES. Anzi Auaro giamai non hebbe d oro 3390
Tanta sete, quant ella hebbe di sangue.
Ma finalmente, ò stanca, ò ad altra intenta,
Alza i fanciulli, e à Dalida gli appressa
Tre uolte, e forse più, tanto, che resta
Vn breuissimo spatio, e quasi nullo 3395
Tra le labra de figli, e de la Madre.
Ma quando credon di baciarsi insieme,
Da uiua, e dura forza dispartiti
Contra ogni speme lor, si struggon poi,
Qual Tantalo, che uede fuggir uia 3400
I fruitti, e l acque desiate in uano.
MOL. O` prudente Reina, ben mi mostri
Quanto più sappia, e possa oprar l ingegno
D una sdegnato donna, che d un huomo.
MES. Berenice guidando alfin la mano 3405
Di Dalida, che anchor tiene il coltello,
Fà, che la madre stessa ad un de figli
Sechi la gola, e la parola, mentre
In suon languido chiama, ò Dio, ò Ma.
Ma. perche li uien tolto il compir madre. 3410
Cadde, morendo, supra la Reina,
E di purpureo huor tutta l asperse.
CHO. Che facea in tanto la misera donna,
Sendo costretta à uccider di sua mano
Quelli, à cui dato hauea prima la uita? 3415
MES. Per liberar la man mettea ogni sforzo,
E per uoltar contra sestessa il ferro.
E uedendo, che à farle uccider l altro
S accingea la Reina, cosi disse.
Sequi, sequi, crudel, beui quel sangue, 3420
Di cui hai tanta sete, hor quanto uogli
Scuoter potrai dal sangue il manto, l alma
Di tal sangue è macchiata, & è la maccia
Tal, che non può leuarsi, ma ben tosto
Ambe altroue sarem. sostieni il colpo, 3425
Caro figliuol, con animo costante.
Nè sospirar, nè pianger, che la nostra
E grandezza, e ruina è tal, che alcuno
Pianto non pò uguagliarla, anzi la scema.
Cosi diss ella, e con la propria mano 3430
Per forza altri crudel, per se pietosa,
Tratta da chì uoleua, e potea farlo,
Nel petto a l altro figlio il ferro immerse.
Onde tosto usci fuor l anima pura,
Salendo il sangue, qual da cannon rotto 3435
Di fontana, balzar soul l acqua in alto.
L abbandonato, e miserabil tronco
Sopra la madre andò a cadere, e parue,
Che u andasse à cader per abbracciarla.
MOL. Hor uà donati in preda à tuoi nemici. 3440
CHO. Ben ueggio, che dolor, quantunque forte,
Non può condurre a morte.
MES. Prende alfin Berenice il ferro in mano,
E dicendo, Accompagnai tuo figliuoli,
Che uanno innanzi, ò Dalida, e l tuo sposo, 3445
Che uerra dierto, aspetta; il fero tutto
Le asconde sotto la mammella manca,
Si che la punta spunta da le spalle.
Et ella per la doppia aspra ferita,
Hora i figli chiamando, hora Candaule, 3450
Spira l alma, e di uita esce, e di doglia.
MOL. Morte con tante morti, che disponi,
Vuoi ben piacermi, e uuoi mostrar, che molto
E` differente il tuo uenir da quello
De le tre furie, à far tragedie al mondo. 3455
CHO. Hai pur compito di farne palese,
La più insolita, e rara crudelitade,
Che imaginassema i pensero humano.
MES. Compito? anzi à fatica ho cominciato.
Quest è un rio, quest è un frutto, un fauilla 3460
De la sua crudeltà. Resta, ch io scopra
Il mar, la pianta, e la fornace intera.
Questo fu un punto sol. conuien, ch io tiri
Hora la linea tutta: non si ferma
L ira sua, nè si queta à questo grado. 3465
CHO. Ahimè con ch altro esempio di furore
Contra i già morti à incrudelire impara?
Dà forse le lor membra in preda à l acque?
MES. Piacesse à Dio, che di tanto cortese
Ella lor fosse stata. CHO. Forse al foco? 3470
MES. Chò poteua parer somma pietade.
CHO. Che può far peggoi? spacciati di gratia.
MES. Ella qual cuiroso anotomista,
O`aurspice in mirar le fibbre dotto,
Quei tre corpi apri, taglia, squarta, sbarra, 3475
E uà con mano intrepida toccando,
E con la punta micidial ferendo
I cori anchor tremanti, caldi, e uiui,
E trahendone fuor l interiora.
Poscia diuide i corpi in molte membra, 3480
E le membrea diuide in molte parti,
E al dotto siniscaldo le consegna,
Che ne faccia bollire, e cocer altre
Con acqua entro à spumanti, ampie caldare.
Algtre arrostire à le soggette fiamme. 3485
Cosi nel crudo, e sanguinosa hospitio,
Già cucina crudel di carni humani,
Si cucinan di dalida e de figli
I corpi miserabili, i fegati,
La dchiene, i lombi stridono, e la coste 3490
Ne gli schidoni, i quai già se ueloci,
Qual ben greue macigno hor mouon tardi.
Ne le caldaie el resta bolle, è geme
Ahi, che tre uolte il foco si estinse.
E poiche alfin, mal grado suo, s accese 3495
De la legna, d da i mantici attizzato,
D una nebbia di fume oscura, e densa,
Di splendor priuo tutto si coperse.
CHO. Perche non fai, ò Gioue, che per giusta
Vendetta quella fiamma si riuolga 3500
Contra il pelagio scelerato, e tristo?
Anzi contra la sola iniqua donna,
Anzi non donna, ma terribil mostro,
Ma de le furie figlia, anzi sorella,
E con subito incendio la consumi? 3505
Ma à chi si fà l abhomineuol cena?
MES. Ciò non sò dirui. sasselo sol ella.
Le teste sole son da lei serbate
Tra duo gran piatte di purissim oro.
CHO. O` giudicio di Dio, quei regii capi, 3510
Che meritar corona d or, son cinti
Da la nemica lor, d aurea corona.
Ma cotai teste à che serbate sono?
MES. Nè cotosto da me sperate udire.
De la Reina l udirete forse, 3515
Che appar di fuori. & io uado à Candaule
A`fargli intender, ch egli è hora homai,
Che ne uenga al conuito de la moglie.
MOL. Gratie ti rendo, ò Messo,
Poiche da la faconda tua fauella, 3520
Vdire io non porea miglior nouella.
Hor uoglio entrar doue l conuito io miri.
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ATTO IV, SCENA iii
BERENICE, CHOROBER. Hor son donna, hor son forte, hor son Reina,
Meritamente hor la corona porto.
Si fà cosi à ribbater con fortezza 3525
Da se l ingiurie. imparino i mariti
Ad esser fidi à le lor fide spose.
O` mio ingegno, ò mie man, più assai, che prima
Vi pregio, che si pronti, che si audaci
Trouo in seruirmi al mio maggior bisogno. 3530
Hor posso respirar, posso allegrarmi.
Già col capo i par giungere al cielo,
Poi che fornita hò la uendetta mia.
Ma, che dico fornita, se mi auanza
Da far la maggior parte? è poco, è nulla 3535
Quel che fin qui si è fatto. Hora a Caudaule
Resta leuar le tenebre, o mostrargli
Come se uendicai sappian le donne.
Torna tu dentro, e fa, che siano stese,
E apparecchiate subito le mense. 3540
Dà fretta, à i cuochi, à le ministre, à tutti,
Sollecita, supplisci ou io non souo,
Perche la cena sia subito in punto.
CHO. Che cena hoggi uuoi far, chara Reina?
BER. Del mio marito celebrar le nozze, 3545
Con la sua noua, e cara sposa i uoglio.
Fatt hò inuitarlo, e à lui uiuande grate
Per mio uoler s acconciano, e soaui.
CHO. E che grate uiuande son coteste?
BER. S egli sentiua incomparabil gioia 3550
Nel toccar, nel baciar la moglie, e i figli;
Questi, e quella hor mangiando acconci in cibo,
E uia meglio gustandoli; non credi,
Ch egline sentirà doppio diletto?
CHO. Ahime, ch io tremo tutta à udirlo solo, 3555
Ahi, che pensando à l abhorreuol cibo,
Riuolgersi lo stomaco mi sento.
E ti porrà soffrire il cor di farlo?
BER. Non è fatto si enorme,
Si nefando, si horrendo, 3560
Si horibil, si tremendo,
Si impensato, si strano,
Chel mio cor non ardisca, e la mia mano.
CHO. Non fu grado supremo di uendetta
L hauer morta colei, che ti offendea, 3565
Senza far, che morissero ancho i figli?
Ma facciam, che sian morti i figli anchora.
BER. (Anzi non si può far, che non sian morti.)
CHO. Perche aggiungerui poi quest altra estrema
Scelerità di far, che un tuo marito, 3570
Vn padre (ò fatto horribile) si pasca,
De proprii figli, de la proprie carni,
E beua il proprio sangue? BER. E ciò à pennello
Indouinasti, che à le serue mie
Hò già commesso quel che mi ricordi. 3575
Tu non te ne scordar. quando il Re à mensa
Chiederà bere,por nel uaso prima
Il sangue, ch io raccolto hò in quelle tazze
Da i corpi de la madre, e de figliuoli.
Poi, che uero color del uino, sopra 3580
Adombrarlo, acciò ch ei non se ne accorga
Infin, che paia à me d aprirli gli occhi.
CHO. Dunque di palesarli anchor disegni
Poscia l opra crudel? BER. Le teste io serbo
A quest effeto sol. dopo la cena 3585
A lui appresentate, e da lui tosto
Riconosciute, li faran uedere,
Qual fu il suo cibo, e qual la mia uendetta.
Nè uendetta saria, se tal non fosse.
Che nè à la qualità de la persona, 3590
Che punisce, e di quella, ch è punita;
Nè à la specie del fallo; si conuiene
Vna uendetta ignobile, e commune.
Anzi una egregia, disusata, e noua,
Che à chi là soffrirà porga dolore, 3595
E à chi la intenderà metta spauento.
E però tal m è uscita da le mani,
Che i fanciulli sospesi hò sostenuto
In aria, i corpi hò laceraaato in terra,
Hor de le membra parte in acqua ferue, 3600
E parte stride in foco. onde appar chiaro,
Che la uendetta mia ponno capere
Tutti quattro elementi à gran fatica.
CHO. Se li fian grati nel principio il cibi,
Ben li saranno alfin tanto più amari. 3605
BER. Anzi tanto io temea, che troppo dolci
Fosser le amare carni à mio marito,
Che di uelen condirle io dissegnaua.
Ma spauentata poi da gli Alicorni,
Che su la mensa fian; muto disegno. 3610
Torna tu dentro anchora, e la corona
Di rose, che ti hò detto, mi apparecchia,
Tra la foglie coprendo quel ueleno,
Ch io t hò già dato. e à le seconde mense
(A l hor ch io cautamente gli Alicorni 3615
Fatto hauro leuar uia) pommela in testa.
Perch io à Candaule postala nel uaso;
Li faccia ber fra i il uino, e i fior la morte.
CHO. Dunque non ti basto le carni humane
De la fanciulla, e de figli innocenti 3620
Cocere, e farne abhomeneuol pasto,
Se l rio ueleno anchor non u aggiungeui?
E perche tanto mal? BER. Perche le mense
Di Tantalo, di Tereo, e di Thieste,
Rispetto à questa dispietata cena, 3625
Possan quei, che uerran, nomar pietose,
Per far del mio dolor degna uendetta,
Per uedermi cadere auanti gli occhi
Morto quel traditor di mio marito,
Anzi quel traditor del mio nemico. 3630
CHO. Dunque hai spogliato il cor d ogni pietade?
BER. Anzi se n me pietade alcuna alberga,
O nel palagio mio, subito sgombri,
E se ne fugga, ad hor ad hora in bando.
Che se corpo uisibile, e mortale 3635
La pietà hauesse, e mi uenisse incontro,
Senza alcuna pietà la ucciderei,
Con costui è pieta l esser crudele,
E fora crudeltà d esser pietosa.
CHO. Mi merauiglio, come in cor di donna 3640
Tal si chiuda furor, che non è forse
Ne più crudeli spirti de l Inferno.
BER. Non ti merauigliar, donna, di questo.
Merauigliati pur, che tutta armata
A` suon di trombe in mezo à mille squadre 3645
Io non corra à trafigerlo con l haste.
Merauigliati pur, che questa casa,
Anzi questa città, non metta à foco.
Merauigliati pur, ch i fia contenta
Quietamente col ueleno solo 3650
Donarli dolce, e non sentita morte.
E qual pietoso giudice punire
Con supplicio si leue, error si graue.
CHO. Chi uuol punir gli error, senza error sia.
BER. Giostrano i caualier con arme pari. 3655
CHO. Sotto la fè la giouane hai tradito.
BER. E me sotto la fè tradì Candaule.
CHO. La fede marital douea tenerti.
BER. Fune rotta da un capo, esce da l altro.
CHO La fede marital tu anchor hai rotto. 3660
BER. Dal marito, e dal Re l essempio ho tolto.
CHO. Et ei da te il torrà de la uendetta.
BER. Puommi appresso uenir, ma non à paro.
CHO. A donne mal conuiensi il ferro in mano.
BER. Più tosto in mano hauerlo; che nel petto. 3665
CHO. Ben è punir chi peeca, ma non gli altri.
BER. E` poi meglio leaur l occasione.
CHO. Erano i fanciulletti sensa colpa.
BER. Erano de la colpa indicii, e premi.
CHO. Quel, che da te non hà, cercosi altronde. 3670
BER. Mei non hauer, che hauer di male acquisto.
CHO. Doueui hauer di quella età pietade.
BER. Douea più tosto hauerla di me stessa.
CHO. Cotesta sceleraggine è pur grande.
BER. Grande. ma il duol maggior comanda farla. 3675
CHO. De l opre inique porterai la pena.
BER. La pena meritata non è graue.
CHO. Reina (me ne duol) tu giacerai.
BER. Felice giaci, se quei ch odii, premi.
CHO. Come l oda Candaule, tu morrai. 3680
BER. S io morrò, non morrò senza uendetta.
CHO. Come lo intenda il Re, tienti già morta.
BER. S io morrò, non morrò senza compagni.
Ma in silentio si pongan le parole,
Tu, corri ad apprestar gli unguenti, e l acque 3685
E à far, che s espediscan le uiuande.
Ch io ueggio il mio signore, e quì l aspetto,
Celando ilmio pensier sott altro viso.
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ATTO IV, SCENA iv
CANDAULE, CHORO, BERENICECAN. Benche d altro parer sia il Consigliero,
Nè approui à patto alcun, ch io questa sera 3690
Uada al conuito, oue aspettato sono;
Anzi per ogni uia me ne spauenti;
Pur, poi che l traditor di Besso nega,
(Costante à mille specie di supplici,
Con cui cercato ho di ritrarne il uero) 3695
D hauer tolto il soggello à mei secreti,
Nè mosso mai parola à Berenice
De la mia cara Dalida, e de mei
Cari figliuoli, à ciu la uita bramo
Più che à me proprio, e sol confessa quanto 3700
Narrò pur dianzi; io uoglio, e posso andarui
Senza sospetto. e nuuoloso tempo
Coprendo sotto limpido sereno,
Trar facilmente il mio disegno à riua.
Che nè più bel color, nè più bel uelo 3705
Per nasconder le fraudi, è de la fede.
Non uo, che Consglier sappia ou andato
I sia; finche non torno uincitore.
Tu custodisci ben l hora a prefissa,
Quando mi ponga l or dinato cerchio 3710
Di rose in capo. Hor ecco la Reina,
Che uscita ad incontra armi, là me aspetta,
BER. Tu uieni, ò Re infelice,
Qual incauto nocchier di merci carco
Entra nel piano mar piendi bonaccia, 3715
Che tosto dèturbarsi, e mutar faccia.
Sia felice, signore, il uenir uostro,
Sena la cui presenza il mo conuito
Era priuo da gioia, e di dolcezza.
Il desio ditourarmi hora con uoi, 3720
E ricrearmi nel conuito uostro,
Lasciar mi sforza e porre in altro tempo
Le maggiori importanze de lo stato.
Se ui ringratio, l obligo fia scemo.
O`menti humane cinte
Di cecitate, e de malitia colme.
Attendi, come ogni un di questi finge.
Mira, come ciascun, moglie, e marito,
E`in un quel, che tradisce, e ch è tradito. 3730
In casa dunque entriam. CAN. Come ui piace.
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CHORO Donzellle, e donne quante hoggi albergate
Al real fiume intorno,
Chè al terre Battriano humor conduce, 3735
In luga schiera, in pompa alta, honorate
In lieto illustre giorno,
Che la bella memoria al mondo adduce
Del dì natal, che à questa cara luce
Portò la nostra altissima Reina, 3740
A`cui Paropaniso il capo inchina:
Disponete il bel crin di gemme cinto,
Con ogni studio, & arte,
Vagamente girando l or con l oro.
E l uiso di color natio dispinto 3745
Ornate d ogni parte
Con quanto hoggi si può maggior decoro.
Veste di ricco, e di sottil lauoro,
V accrescan poi la natural bellezza,
Sfauillin gli occhi bei gioia, e dolcezza: 3750
Indi uolgete il passo à i tempii sacra
De geniali Dei,
E di quei, che del nascer nostro han cura.
E à pie de riueriti simulacri,
Di grati odor sabei 3755
Soau ardete, e nobile mistura.
Uoti appendete à le sacrate mura
Tra fiori, e succhi pretiosi, e cari,
Uccidendo le uittime à gli altari:
Poi porgete à gli Dei feruidi preghi 3760
Per lasalute, e uita
Di lei, che n tal dì prima il mondo scorse.
Nessuna il giusto, e santo ufficio neghi.
Che se questa essaudita
Non fia, quella otterà la gratia forse. 3765
Quel, che ad un negò Gioue, à un altro porse.
Pregate, che molti anni in questo uelo
Stia la Reina, e poi ricouri in cieo:
Hoggi sia raddoppiato il lume al sole,
Cadano gli aspri uenti, 3770
Sol da l Occaso gentil aura poggi.
Crescanne sotto i piè rose, e uiole
A` gara. i rei serpenti
Perdano il lor uelen. non si miri hoggi
Pur una nuuoletta intorna à i poggi. 3775
Ma stiasi l aria in pure, e dolci tempre,
Nè pur breuemomento i fiumi stempre;
[M]a pietoso il leon, clemente l orso,
I suoi fulmini torti
D hauer non si ramenti il fier cinghiale. 3780
Non proui hoggi il cauallo il duro morso,
Nè l graue giogo porti
Il bue sostegno à la uita mortale.
Pasca senza custodia ogni animale,
Faccia l aquila tregua con glì augelli, 3785
Co i lepri il cane, il lupo con gli agnelli:
[No]bil, festiuo, e fortunato giorno,
Che pegno tanto caro
Desti al mondo, e à lo darlo hora lo inuiti,
Volgendo l anno, fa sempre ritorno 3790
Più candido, è più chiara.
Ahimè, che i preghi nostri sono uditi
Con faccia auuersa, e fian poco graditi.
Ecco fuggon gli Dei turbata in uista,
Crollando il capo auuolto in nube trista. 3795
Atto V